martedì 17 aprile 2007

...poi non si torna indietro!

Con una delibera pubblicata il 27 marzo 2007 in Gazzetta Ufficiale l’Agenzia Italiana del Farmaco ha autorizzato la somministrazione del Prozac® per uso pediatrico, a seguito di un’analoga delibera dell’EMEA (Agenzia Europea del Farmaco) datata novembre 2006. “E’ davvero scandaloso – afferma Luca Poma, portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini”®, prima campagna italiana di farmacovigilanza per l’età pediatrica in Italia – che si possa presumere di risolvere il disagio profondo di un minore medicalizzandolo con una pastiglia di Prozac®. Una volta di più, si conferma la contiguità dell’industria farmaceutica con le istituzioni sanitarie: l’Agenzia Europea del Farmaco dipende infatti non già dalla Direzione Generale Sanità, come sarebbe auspicabile, bensì dalla Direzione Generale Industria. Inoltre questa presunta ‘restrizione’, secondo la quale sarà possibile somministrare lo psicofarmaco “solo dopo 4/6 sedute di psicoterapia non andate a buon fine” è una vergognosa presa in giro: neppure Freud e Yung, seduti allo stesso tavolo, sarebbero mai riusciti a risolvere il disagio profondo di un bambino o adolescente in un paio di settimane di terapia.Sconcerta anche l’assoluta sudditanza delle istituzioni sanitarie italiane: il giorno che da Bruxelles disporranno per la somministrazione di veleno ai nostri bambini dovremo chinare la testa e dire di si?” Emilia Costa, titolare della 1° Cattedra di Psichiatria dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha dichiarato: “il successo delle psicoterapie non farmacologiche è noto in letteratura scientifica, ma spesso ignorato in terapia. Vengono utilizzati con leggerezza psicofarmaci e si crede che le terapie non farmacologiche non funzionino altrettanto: il problema invece è che sono state “snobbate” per lungo tempo a favore di soluzioni dagli effetti più immediati. E’ ora che i terapeuti professionisti ammettano ciò che è noto: la psicoterapia modifica in modo misurabile la struttura cerebrale, ed influisce concretamente e positivamente sul comportamento. Non comprendo quindi come si possano continuare ad ignorare questi fatti, prediligendo sempre l’approccio biologico, organicista e farmacologico e declassando superficialmente tutto il resto a “quattro chiacchere” tra terapeuta e paziente”.Ha commentato Luigi Cancrini, psichiatra, della Commissione Parlamentare Infanzia: "la depressione non è una malattia, la depressione è un sintomo! Qui si cerca di “diagnosticarla” senza interrogare se stessi e il bambino a proposito delle cause che hanno determinato il disagio: un po’ come porsi di fronte a chi piange la morte di una persona cara tentando di curare il suo dolore con un collirio che blocca l’attività delle ghiandole lacrimali! Una diffusione acritica degli antidepressivi sui bambini è un grande rischio per la salute mentale delle nuove generazioni: così non si fa altro che cronicizzare questo genere di problemi”.

Fonte: solaris.it

"Sorridi in ospedale!"

clown Hanno camici colorati, nasi rossi e la battuta sempre pronta per disegnare un sorriso sui volti dei bambini terrorizzati da siringhe e interventi: sono i clown dottori, circa 90 in tutta Italia, di cui 25 nella Capitale. Un lavoro talmente duro che, dopo il corso di formazione, non tutti decidono di farlo. Nei reparti vanno sempre in coppia e non svolgono più di 4 interventi alla settimana. Della loro attività si è parlato stamattina in Campidoglio, al convegno “Guarir dal ridere: clown dottori, conquiste e prospettive della gelotologia.Ridere fa bene, sempre, ma fa ancora meglio se le risate avvengono durante l'ospedalizzazione. L'obiettivo della gelontologia, infatti, è sperimentare modalità relazionali che contribuiscono a migliorare l'equilibrio immunitario e le abilità psico-relazionali.Oltre ai medici, nella clownterapia sono impegnati anche i "volontari del sorriso", circa 40 a Roma e 120 in Italia. Anche per loro l'iter formativo e' rigoroso: 90 ore concentrate in sei fine settimana e, al termine delle lezioni teoriche, un tirocinio in ospedale. Le materie affrontate in aula spaziano dalla psicologia dell'età evolutiva alle simulazioni del gioco in ospedale. Alla base di tutto, spiegano i volontari, c'è la capacità di ascolto, fondamentale per entrare in sintonia con imalati. Pur avendo ruoli diversi, medici e volontari collaborano nella realizzazione di alcuni progetti, come nel caso dell'associazione "Hagape" che si occupa di ragazzi diversamente abili e dove si svolgono laboratori di comicità e salute. Il convegno capitolino è avvenuto per la collaborazione dell'associazione sociosanitaria "Ridere per vivere" con l'assessorato comunale alle Politiche di promozione della famiglia e dell'infanzia. "Il ruolo del nostro assessorato-afferma l'assessore Lia Di Renzo- è mettere il bambino al centro della città. Roma investe sui bambini seguendo non le ragioni dell'economia e del profitto, ma piuttosto quelle del cuore, della tenerezza e della gioia. L'obiettivo del progetto “Sorridi in ospedale”, per il quale abbiamo impegnato 400mila euro, è rendere gli ospedali accoglienti per i piccoli ricoverati che non devono perdere la voglia di vivere e di giocare e la certezza di tornare a casa".“Ridere per vivere" ha attivato a gennaio scorso il primo master sul tema: "Il clown nelle strutture sociosanitarie", primo master di II livello istituito dalla Sapienza rivolto ai laureati in medicina e psicologia. Una formazione che si è resa necessaria soprattutto perché anche in Italia i clown dottori cominciano ad avvicinarsi agli anziani.